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Internet fa bene al giornalismo?


L'Economist ha lanciato un dibattito online sul ruolo che Internet sta giocando nei confronti del giornalismo. Ha portato dei miglioramenti o l'ha danneggiato? Dalla perdita di posti di lavoro nelle redazioni alla possibilità di verificare le notizie: tutti i pro e i contro sono stati analizzati. Ma i lettori hanno scelto: il 69% è per il web.

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L’Economist ha lanciato un dibattito online: Internet ha migliorato o reso peggiore il giornalismo? Il risultato, frutto del voto dei lettori, è stato uno schiacciante 69% a favore della tesi secondo la quale internet, pur con le sue criticità, ha fatto al giornalismo più bene che male. A fare gli avvocati di parte Jay Rosen, scrittore, blogger e professore di giornalismo alla New York University per il pro e Nicholas Carr, blogger e scrittore anche presso l’Università della California, Berkeley, per il contro.

 

 

A favore
Per Rosen, che non nega ci sia stato un aumento di spazzatura e riciclo, il cosiddetto churnalism, ciò che Internet ha dato di meglio è stata la facilità con cui ha tagliato i costi per la produzione di contenuti di qualità, ha aperto il mercato. Inoltre Internet ha cambiato la regola secondo cui la stampa dà la notizia e il pubblico la riceve. Ora il cosiddetto pubblico può fare molto di più: può dire la sua, fornire nuove fonti di notizie, correggere, contestare, avendo tra l’altro a disposizione praticamente tutti i giornali, nazionali e stranieri, per verificare e farsi un’idea ascoltando più voci. E se è vero che gira molta spazzatura Rosen rimanda alla nuova regola d’oro del giornalismo elaborata da Jeff Jarvis: copri ciò che sai fare al meglio, il resto linkalo. (certo in inglese suona meglio: cover what you do best, link the rest). Insomma è passato il tempo in cui bisogna avere tutto. Le notizie spesso si sanno già, il problema deve diventare: cosa dare di più?

 

Contro
Nicholas Carr parte dalla più scottante delle questioni: con Internet i giornalisti hanno cominciato a perdere il proprio lavoro. E la questione più importante, secondo Carr, è la perdita di professionalità, di accuratezza, di ricerca allo scopo di verificare i fatti. Twitter e Facebook danno la possibilità a chiunque sia testimone di un fatto di darne notizia, ma ancora non è stata colmata la perdita di professionalità. Forse, conclude Carr, il futuro sarà migliore, ma per ora Internet ha fatto più male che bene al giornalismo. 

 

I lettori

Molti i commenti dei lettori, più a favore di Internet che contro. Più di uno poi non ha mancato di sottolineare la contraddittorietà della posizione di Carr che lamenta la mancanza di professionalità, ma lui stesso lavora su Internet e lo stesso dibattito è stato lanciato online. Ma ciò che, comunque la si pensi, deve far riflettere, è che una delle tesi che maggiormente ricorrono è che, grazie a Internet i lettori possono verificare le notizie. E di questa cosa pare proprio che ne avessero un gran bisogno. Perché? Forse perché c'è chi le notizie le dà in modo parziale o non le dà affatto? C'è chi le nasconde o le trasforma in base al proprio interesse? Ecco allora che i lettori dell'Economist, ma anche quelli italiani c'è davvero poco da dubitarne, hanno visto in Internet la voce che urla "il re è nudo", mentre nella stampa tradizionale trovano ancora articoli che raccontano il fashion look del re.